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Recensione: Bernard Sesboué, Jesus Christ Vunique Médiateur. Essai sur la rédemption et le sàlut. Tome I. Problématique et relecture doctrinale

 
 
 
Foto Battaglia Vincenzo , Recensione: Bernard Sesboué, Jesus Christ Vunique Médiateur. Essai sur la rédemption et le sàlut. Tome I. Problématique et relecture doctrinale , in Antonianum, 63/4 (1988) p. 613-616 .

Il prof. Bernard Sesboué, gesuita, docente al Centre Sèvres di Parigi, si è già segnalato da tempo nell'ambito della produzione cristologica per alcune apprezzabili pubblicazioni, frutto di una rilettura della fede in Gesù Cristo capace di mediare, con rigore critico, tra la Tradizione ecclesiale e le istanze del mondo contemporaneo. Tra quelle più recenti ricordiamo « Jésus-Christ dans la tradition de l'Eglise » (Paris 1982), elaborata con l'intendimento di realizzare una « proposta cristologica » globale, anche se sintetica, circa l'identità umano-divina di Gesù.

L'opera che presentiamo qui si collega direttamente a quest'ultima, in quanto prosegue la rilettura del mistero di Gesù Cristo collocandosi espressamente nel versante soteriologico. Ed è il primo dei due volumi previsti per questo « saggio sulla redenzione e la salvezza »: il sotto­titolo, dove la prima categoria non è presa come sinonimo della seconda, ma è compresa al suo interno, fa già intuire chiaramente l'obiettivo che l'autore si prefigge.

 « La primauté de la médiation du Christ commande la structure de ce livre. Car la référence à la personne du Médiateur permet d'organiser dans sa véritable unite l'abondant vocabulaire biblique et traditionnel qui cerne le mystère du salut sous de multiples aspects. Une théologie du salut se doit de rendre compte de la totalité organique et complé-mentaire de ces expréssions, en dégageant l'espace sémantique dans lequel chacune prend sa véritable signification » (p. 107).

Questo brano segnala l'obiettivo e il procedimento propri del vo­lume: esso si trova, significativamente, in chiusura della prima parte, nella quale viene esposta la problematica che sta a monte (pp. 31-111). L'apporto più interessante della prima parte è la diagnosi, fondata, illuminante, stimolante, della situazione dottrinale della soteriologia: qui pesano gli squilibri e le falsificazioni provocati da scelte unilaterali, frutto di una selezione indebita tra i molteplici linguaggi soteriologici della S. Scrittura, fatta spesso sulla scorta di schemi interpretativi appar­tenenti ad ambienti culturali estranei.

Basta riferirsi a concezioni quali quelle della sostituzione penale e della soddisfazione vicaria, che veicolano l'immagine di un Dio vendi­cativo e violento, assolutamente diversa dal Dio del Crocifisso Risorto (pp. 49-86), per comprendere come sia necessario mettere in luce che «la rédemption est l'oeuvre de l'amour divin et aucun texte biblique ne peut ètre justement interprete dans le sens d'une justice commu­tative ou d'une justice vindicative » (p. 61).

L'esempio citato è inoltre emblematico di un modo di procedere che non sottopone il linguaggio alla necessaria traduzione regolata dalla spe­cificità e dalla novità biblico-cristologiche, per cui si assiste ogni volta ad una mancata conversione  (« déconversion »)   e  quindi  al  pervertimento di quel linguaggio, e si arriva a fargli dire cose che non hanno  nulla a che vedere con il vero scandalo della croce di Cristo.

A tale proposito l'autore parla anche del meccanismo del « corto­circuito », che è in atto quando si attribuisce direttamente al « polo » Dio quello che è proprio del « polo » uomo, non facendo intervenire il fattore che assicura il contatto, la croce del Cristo, luogo della coinci-dentia oppositorum, che si verifica senza che l'uno sia ridotto all'altro (pp. 62-64). Ancora: egli rimprovera l'ignoranza della metafora e della metonimia, che, a suo parere, contraddistinguono il linguaggio biblico in oggetto. Ne segue che, per esempio, il crocifisso non sta a significare la glorificazione di un supplizio infame (sarebbe sadismo...), ma dell'amore di Dio, secondo l'intelligenza offerta dall'« estetica teologica » di H.U. von Balthasar (pp. 65-67).

Nella seconda parte (pp. 113-390) l'autore passa ad ordinare in un quadro teologico i risultati della indagine condotta sulla storia della dottrina soteriologica, indagine che mette in evidenza l'esistenza di dif­ferenti categorie interpretative che ruotano però tutte attorno a quello che egli considera il punto di riferimento primario e il criterio ulti­mamente regolatore, cioè la Persona del Mediatore.

Le categorie in questione sono presentate in corrispondenza al du­plice movimento della Mediazione del Cristo: quello discendente prima, e quello ascendente poi, fondati sulla sua identità umano-divina.

E' una sistemazione apprezzabile non solo perché si tratta di un tipo di classificazione rispondente ad esigenze di « utilizzazione » e di « riordino » del ricco materiale scritturistico, patristico, e storico-teolo­gico, almeno non principalmente per questa ragione.

La valutazione positiva attiene soprattutto al registro regolatore di questa sistemazione: richiamando l'attenzione sul carattere approssima­tivo di una visione che assegna alla teologia patristica orientale lo schema della soteriologia discendente ed alla teologia patristica latina, e poi al mondo occidentale del secondo millennio, lo schema della soteriologia ascendente, egli ne mette in evidenza l'unilateralità facendo apparire come le diverse categorie sono presenti, e comunque non sono ignorate, negli esponenti sia antichi che moderni delle due correnti.

La distinzione, quindi, viene fatta non ignorando o trascurando l'articolazione complementare tra i due movimenti, ma per darne la descrizione oggettiva che comporta, in maniera imprescindibile, il ruolo di priorità logica del movimento discendente, il quale a sua volta giu­stifica e rende possibile quello ascendente. La teologia contemporanea, d'altronde, ha recuperato e rivalutato questo modo di procedere.

In apertura troviamo una indagine sulle formule neotestamentarie dalle quali ha preso origine la riflessione sul significato salvifico della morte di Gesù: « per noi », « per i nostri peccati », « per la nostra sal­vezza » (pp. 115-121). Viene ricordato che la preposizione «per» ha una duplice valenza semantica:   « in nostro favore » e  « in ragione, a causa di», e che nei testi neotestamentari prevale nettamente la prima.

Sotto il titolo della « mediazione discendente » sono collocate cinque categorie, che danno ragione di quanto Dio ha fatto e fa per l'uomo attraverso Gesù Cristo (pp. 123-253). La salvezza è rivelazione del vero volto di Dio, nel suo mistero trinitario (il Cristo illuminatore). Comporta il riscatto dal male, dal peccato e dalla morte, che il Cristo realizza attraverso una lotta « che costa », che gli costa la vita, ma che lo vede alla fine vincitore (Il Cristo vincitore: la redenzione). Assume così tutto il « pathos » messianico insito nell'anelito dell'uomo ad una libertà auten­tica, ad una condizione « liberata » da tutto ciò che rende impossibile la vita: e viene a rivestire il carattere di una liberazione (Il Cristo liberatore). L'azione salvifica del Cristo culmina nel dono della adozione filiale, per cui l'uomo, divinizzato, entra veramente in comunione con Dio, è da Lui accolto in una relazione d'amore fondata sulla propria iniziativa di autocomunicazione (Il Cristo divinizzatore). Sotto questa luce si comprende la ragione per cui il discorso sulla giustificazione viene collocato nell'ambito della mediazione ascendente: si tratta infatti dell'atto mediante il quale Dio giustifica l'uomo, e non dell'atto me­diante il quale l'uomo rende giustizia a Dio (Il Cristo, giustizia di Dio).

Sotto il titolo della « mediazione ascendente » troviamo complessi­vamente sei categorie, le quali mostrano che cosa ha fatto l'uomo Gesù per realizzare il disegno salvifico del Padre, e come il cristiano può rispondere, in Cristo, all'azione di Dio. Gesù si è offerto al Padre, si è donato a lui nell'obbedienza e nell'amore più radicali (il sacrificio), accettando tutto il peso di sofferenza che comporta la liberazione del­l'uomo dal peccato (l'espiazione e la propiziazione).

Nella sua morte di croce, però, non c'è nulla che possa far pensare ad una giustizia vendicativa, tanto meno ad una giustizia commutativa. L'autore pone ripetutamente l'accento su queste precisazioni, soprattutto affrontando la trattazione della categoria della soddisfazione. Vocabolo, e schema, non biblico, ma proveniente dalla tradizione anselmiana e me­dioevale, esso può essere applicato al Cristo solo se viene « tradotto » e «purificato» secondo la logica, paradossale, dell'amore «eccessivo» con il quale egli ha risposto al Padre. Perciò: « nous sommes en dehors de tout registre d'équivalence. Le pénitent est réconcilié quand il en a fait assez; le Christ a satisfait pour nous au Pére, en en faisant infiniment "trop" » (p. 355).

Una volta destituito di fondamento lo schema della compensazione, si può recuperare la verità insita nella teoria, da esso derivata, della sostituzione ricorrendo al tema della solidarietà del Cristo con l'uma­nità peccatrice: questa salvaguarda da una parte la partecipazione piena del Cristo alla condizione umana, e, dall'altra, la libertà dell'uomo, al | quale non è sottratta la responsabilità di un cammino di conversione (dalla sostituzione alla solidarietà).

In chiusura incontriamo la categoria della riconciliazione, indicata dall'autore come quella che può inglobare, sinteticamente, tutto ciò che è incluso nei due movimenti della mediazione. Rivalutata particolarmente negli ultimi anni, essa potrebbe rappresentare « il nome nuovo della salvezza » (pp. 379-390).

Al termine di questo rapido sguardo, pensiamo di poter affermare innanzitutto che il volume si fa apprezzare per l'esposizione chiara, sistematica e sintetica del ricco e complesso materiale teologico inter­pretante la persona e l'azione del Cristo, l'unico Mediatore tra Dio e gli uomini. Abbiamo notato inoltre la rigorosità e la profondità di pen­siero con le quali il P. Sesboiié riesce a discernere tra ciò che è essen­ziale, secondario o semplicemente surrettizio in un ambito dottrinale che rappresenta indubbiamente un serio banco di prova per ogni teologo.

Crediamo e ci auguriamo, infine, che il volume risulti molto utile agli studenti di teologia, anche perché il taglio didattico è un altro dei suoi pregi da non trascurare.

Il secondo volume è annunciato dall'autore come la parte sistema­tica dell'opera, « qui proposera une théologie de l'histoire du salut orga-nisée autour de l'événement trinitaire de la mort et de la résurrection de Jesus. Le mystère pascal sera le centre d'un parcours sotériologique qui s'origine à la création et s'achèvera à la réconciliation cosmique de la fin des temps » (p. 392).

 



 
 
 
 
 
 
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