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Inaugurazione dell'Anno Accademico 1988-1989: Saluto del Gran Cancelliere del Pontificio Ateneo Antoniano

 
 
 
Foto Vaughn John , Inaugurazione dell'Anno Accademico 1988-1989: Saluto del Gran Cancelliere del Pontificio Ateneo Antoniano, in Antonianum, 63/4 (1988) p. 627-629 .

Ritengo quanto mai significativo che questo Atto col quale viene inaugurato ufficialmente l'Anno Accademico coincida con la comme­morazione di Giovanni Duns Scoto e non vi nascondo il mio com­piacimento nel poter condividere con voi un momento così impor­tante per la vita del nostro Pontificio Ateneo Antoniano.

L'inizio di questo nuovo periodo di lavoro non può prescindere da una considerazione sui tanti anni accademici che hanno prece­duto questo del 1988-89, che mi riempiono di ammirazione per le persone che vi sono state coinvolte e per il lavoro che hanno svolto, e di gratitudine per il prezioso e insostituibile servizio di studio e di ricerca. Ammiro e ringrazio, perché in buona parte conosco e soprat­tutto riconosco l'impegno dei professori, ufficiali e addetti di questo Ateneo. E ringrazio gli studenti sia per l'impegno nello studio e nella formazione francescana, sia perché la loro presenza costituisce un valido stimolo per questo Ateneo, come per gli altri Centri di Studio dell'Ordine.

La mia presenza e le mie parole vogliono essere anche un so­stegno e un incoraggiamento per tutti, professori e studenti, perché ognuno si senta impegnato a fare di questa famiglia che compone l'Ateneo una vera comunità, che, in comunione e unità d'intenti, ricerca la Verità secondo lo spirito e gli orientamenti propri del nostro Fondatore e di quanti, a cominciare dal Protettore dell'Ate­neo, S. Antonio, hanno portato nello studio — e sono cresciuti at­traverso di esso — nello spirito della santa orazione e devozione.

Mi piace ricordare quanto affermai in questa stessa sede (8.11.86) quanto alla dottrina francescana, di cui Giovanni Duns Scoto è un grande testimone: « La sapienza francescana non consiste tanto nel possedere molte verità, quanto soprattutto nell'essere posseduti dalla verità e nell'essere testimone di quella verità che ci trascende ».

In quella occasione volli sottolineare — e lo ripeto oggi — che una via fondamentale, tra altre, per essere posseduti dalla verità è lo studio, e mi riferisco concretamente allo studio filosofico e teo­logico.

Ritengo fermamente che lo studio, in quanto attività intellet­tuale, come lo hanno coltivato i nostri grandi Maestri, tutt'altro che alienare dalla realtà delle cose, e quindi dalla verità, giunge a con­templarla e possederla in maniera da coinvolgere insieme e total­mente intelligenza e cuore.

Lo studio, attività dell'intelletto, è ciò che costituisce l'uomo intellettuale, che vive nel pieno vigore dell'intelligenza. Questo è con­cretamente quella capacità umana di leggere tra le cose, cioè di vedere e cogliere la verità nella relazione esterna delle stesse, degli avvenimenti, delle culture, delle ideologie, della storia, dei compor­tamenti  umani.

Essere intellettuale, pertanto, è vivere nella forza dello spirito e nella sensibilità dell'intelligenza umana, acquistando la capacità di penetrare la superficie esterna della realtà con ammirazione, amore, riverenza e cogliere il cuore, la vita, la verità di ogni cosa. Leggere attraverso le cose per cogliere tutta l'essenza e la verità e allo stesso tempo essere posseduti da questa verità: ecco il segreto della forza del poeta, del santo e del pensatore.

Lo studio, e qui vorrei riferirmi specialmente allo studio filo­sofico-teologico, che non deve mai essere confuso con un ammuc­chiare di conoscenze, è la via per eccellenza per arrivare a questa maturità umana dell'intelletto, capace di arrivare alla verità di ogni cosa.

Perché lo studio sia questo strumento è necessario che ci con­duca ad uno spirito critico, cioè, alla capacità critica. La forza critica, infatti, consiste proprio nella capacità di allontanarsi dalla piccola misura del proprio « io », di rinunciare all'opinione pro­pria, e saper puntare intelligentemente, con rigore e disciplina, al di là delle apparenze e delle opinioni, all'essenza delle cose.

Duns Scoto, il Dottore sottile, è senz'altro questo modello di stu­dioso, che ci mostra l'importanza dell'intelletto come un mezzo per arrivare alla verità e come forza privilegiata per scoprire il Crea­tore nel mondo e nella storia per poterLo vivere e testimoniare agli uomini di oggi.

In questa prospettiva anche S. Bonaventura, di cui quest'anno si celebra il 4° centenario della proclamazione a Dottore della Chiesa, offre allo studioso francescano una sintesi esemplare di ricerca e di azione, di parola e di silenzio, di volontà e di intelligenza, quando nel Prologo n. 4 dell'« Itinerarium mentis in Deum », scrive: « non creda che gli basti la lettura senza l'unzione, la speculazione senza la devo­zione, la ricerca senza l'ammirazione, la prudenza senza la gioia, l'abilità senza la pietà, la scienza senza la carità, l'intelligenza senza l'umiltà, lo studio senza la grazia divina, lo specchio senza la sa­pienza divinamente ispirata ». Questo testo di S. Bonaventura co­glie perfettamente lo spirito di S. Francesco ed è un metodo illu­minatore per lo  studioso  francescano.

L'inizio del nuovo Anno Accademico offre ancora una volta alla comunità accademica del Pontificio Ateneo Antoniano, sia professori che alunni, il nobile compito dell'insegnamento e dell'apprendimento.

La grazia del lavoro intellettuale conduca tutti alla grande Ve­rità che ci fa liberi, perché vivendo in questa libertà, possiamo con umiltà servire gli uomini.

Prot. 073103

Roma, 8 novembre  1988



 
 
 
 
 
 
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