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Saluti inaugurali: 3. Omelia del P. Vicario Generale

 
 
 
Foto Mailleux Romain , Saluti inaugurali: 3. Omelia del P. Vicario Generale, in Antonianum, 62/2-3 (1987) p. 378-382 .

1. « A quanti sono in Roma, a voi,

—   "Universitas fratrum et sororum" della comunità accademica del
Pontificio Ateneo "Antonianum"

amati da Dio

e santi per vocazione, cioè

—   (chiamati alla santità,) —
grazia a voi

e pace da Dio, padre nostro

e dal Signore Gesù Cristo » (Rm 1, 7).

2. Queste parole di S. Paolo, come anche quelle del Signore Gesù, ascoltate nel Vangelo di Luca (Le 11, 29-32), sono rivolte a noi que­sta mattina, a tutti noi che veniamo da ogni parte del mondo per [ormare, qui a Roma, la « Comunità accademica del Pontificio Ateneo Antonianum ». Meditando queste parole, noi cercheremo di accogliere « lo spirito e la vita » che esse contengono, per l'apertura e per ciascun giorno di quest'anno accademico.

Il saluto dell'apostolo Paolo ai Romani è di una composita bel­lezza, ricca ed austera: quale migliore introduzione si potrebbe desi­derare per l'inizio del nuovo anno accademico?

In realtà, Paolo ci pone proprio nel cuore della nostra vocazione di « ricercatori » di Dio.

« Paolo è il servo di Cristo Gesù e apostolo » — cioè « inviato » — « per vocazione »: Paolo è chiamato da Dio per essere apostolo. Tre volte, in questi primi versetti della lettera ai Romani, troviamo la parola « chiamato », « chiamati » (...):

- Paolo è « chiamato ad essere apostolo per ottenere l'obbe­dienza alla fede da parte di tutte le genti, — e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo ».

- « A quanti sono in Roma, amati da Dio, e santi per voca­zione »:  equivale a chiamati ad essere santi, consacrati.

Sia l'essere apostoli e annunziare il Vangelo di Dio riguardo al figlio suo, sia ricevere questa buona notizia nell'obbedire alla Fede per essere santo, consacrato: tutto ciò è dono gratuito di Dio: la chiamata e la grazia.

Una grazia che scaturisce dallo « Spirito di santificazione » e che è opera di Dio tanto nell'inviare come nel ricevere.

3. Soprattutto è dono di Dio « il suo Figlio Gesù Cristo »: Dio che si fa dono nella buona notizia, ch'è « il suo Figlio Gesù Cristo, nato dalla stirpe di David secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito dì santificazione mediante la risur­rezione dai morti ».

È Lui la Parola di Dio, il Signore, il segno al di sopra di tutti i segni, per tutte le generazioni. È Lui la nostra Sapienza, la nostra Parola unica: « è ben più di Salomone e di Giona ».

Se coloro che erano lontani da Dio vennero ad ascoltare Salo­mone o « si convertirono alla predicazione di Giona », a maggior ra­gione dobbiamo noi scoprire e ricevere il Segno di Dio per diventare « obbedienti alla fede ».

Noi tutti, che siamo oggi a Roma, siamo chiamati, — perché « amati da Dio », — a percorrere questo  cammino verso  « l'obbedienza alla fede »: è la nostra risposta al dono gratuito di Dio, — e siamo anche « chiamati » ad essere inviati per annunziare il suo Vangelo.

Siamo qui, professori e studenti, per conoscere, (« nascere con ») « il vangelo di Dio riguardo al Figlio suo »: per vocazione e per missione: ecco lo scopo primario della nostra presenza qui, in questo Ateneo: essere ricercatori di Dio con il cuore e con l'in­telligenza, « in sanctitate et doctrina ».

« Gli abitanti di Ninive si convertirono alla predicazione di Giona: ed ecco, ben più di Giona c'è qui »: per avere accesso al-l'« obbedienza alla fede » nel Signore Gesù Cristo, anche noi dob­biamo convertirci, aprirci al dono gratuito di Dio, cioè Gesù Cristo, che è la vera Sapienza.

Qual è oggi per noi, per noi tutti della « Comunità Accade­mica », il luogo della nostra conversione?

Certamente nell'essere al servizio dello studio, nell'essere al servizio della Verità, ciascuno al suo posto: questo lavoro è, innanzi tutto, una disciplina di conversione e di ascesi.

4. Di fatto, lo sappiamo per esperienza, il lavoro dello studio scientifico è una scuola di umiltà, di obbedienza e di rigore: esso rappresenta un cammino di minorità; diversamente conduce alla vanità, sino ad essere gonfio e vuoto per ingannare gli altri.

Al contrario, l'atteggiamento scientifico vero è un cammino di umiltà e di rispetto: è quello dei frati minori, che San Francesco ammonisce: « Siano minori, sottomessi ad ogni creatura a causa di Dio! »

Per esempio, se vogliamo conoscere (cognoscere — da cum noscere = nascere con) un testo, dobbiamo essere umili davanti ad esso, dobbiamo lasciarlo rivelarsi a noi, senza imporgli a priori la nostra interpretazione, come ci comporteremmo nei riguardi di una persona quando vogliamo conoscerla veramente.

Lo studio è anche scuola di rigore, di serietà: non si può far dire a un testo ciò che esso non ha mai detto e non può dire. E tale esigenza m'insegna ad essere esigente anche nella mia vita.

Lo studio è anche scuola di pazienza: sappiamo tutti che ci si può impegnare per ore, giorni, mesi senza trovare nulla o quasi nulla, o solo per verificare che una ipotesi ha o non ha valore.

Tutto ciò porta il ricercatore alla conversione nella sua vita per essere obbediente alla Fede, alla Verità.

5. Basterebbe rileggere le bellissime pagine di S. Bonaventura sul passaggio, nello studio, dalla vanità alla verità (Collatio XIX in Hexaémeron).

« Fanno il passaggio (la pasqua) coloro che ripongono tutto il loro studio nel cercare il modo di passare dal mondo della vanità alla terra della verità ».

Innanzi tutto, si deve studiare.

« Il modo dello studiare deve avere quattro condizioni:

- procedere ordinatamente, per non porre al primo posto ciò cui spetta il secondo »;

- procedere con assiduità: « infatti, la lettura vagabonda è massimo impedimento allo studio, come piantando ora qui, ora là; ora leggendo una cosa, ora leggendone un'altra. La divagazione este­riore è segno della divagazione dell'anima »;

- cercare il compiacimento nello studio. Lo studio deve es­sere un nutrimento per l'anima: « prima bisogna assumere la Scrit­tura, dopo bisogna masticarla, e infine incorporarla »;

- avere « la misura nello studio; in modo che taluno non voglia sapere oltre le proprie forze: coloro che cantano oltre le possibilità delle proprie forze, non fanno mai una bella armonia di canto ».

Attraverso l'applicazione e l'esercizio allo studio l'uomo può ordinare la sua vita, camminare verso la santità e giungere alla Sa­pienza, che è il Figlio di Dio.

6. Queste riflessioni sono tanto più attuali e pertinenti in que­sti giorni nei quali la Chiesa ricorda il XXV0 del Concilio Ecume­nico, che è stato un'epifania dello Spirito di Dio, che ha rinnovato le strutture della Chiesa ed ha precisato, nel rispetto della tradi­zione, i contenuti che i tempi nuovi avevano portato all'attenzione dei fedeli e alla riflessione dei Padri, dietro il magistero del Sommo Pontefice.

Ogni anniversario, nella vita della Chiesa, non è una tappa, nella quale riposarsi e sedersi, ma rappresenta una nuova partenza per ulteriori conquiste e successivi sviluppi: e proprio in questi giorni si sta svolgendo il Sinodo dei Vescovi sulla vocazione dei laici, convocato dal Santo Padre, che ha la sollecitudine per tutta la Chiesa.

Al processo di ringiovanimento, se vogliamo apparire ed essere giovani, dobbiamo anche noi collaborare e partecipare con lo studio serio, con l'applicazione costante, uniformando la nostra specula­zione alla dottrina sana, alle nostre idee la nostra vita, sull'esempio dei nostri Grandi Maestri, come S. Antonio, S. Bonaventura e Duns Scoto, che ai loro tempi furono dei capi non solo nel campo specu­lativo, ma anche nell'esemplarità della vita.

7. Fratelli e sorelle, voi tutti che siete qui a Roma, amati da Dio e chiamati alla santità:  il vostro cammino è aperto e chiaro!

Possiate, attraverso lo studio convertirvi per crescere in santità e in umanità, e divenire dei minori, per la considerazione che tutte le cose sono superiori a voi.

Che la Santa Madre di Dio « Sedes Sapientiae » in questo anno mariano, vi conduca a questa Sapienza suprema, che è il suo Figlio!

Che ogni grazia e pace siano su di voi e in voi da parte di Dio Padre nostro e del Signore nostro Gesù Cristo!

Nota Bibliogr. I riferimenti a San Bonaventura sono desunti da: San Bonaventura, La Sapienza Cristiana. Le Collationes in Hexaemeron, a cura di V. C. Bigi, Milano 1985.

 

 

 

 


 



 
 
 
 
 
 
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