Herman Z.I. ,
Recensione: AA.VV., Dizionario enciclopedico della Bibbia e del mondo biblico. Intro¬duzione di Enrico Galbiati ,
in
Antonianum, 61/2-3 (1986) p. 489-490
.
Il 1° luglio 1986 uscì su Avvenire una lunga intervista con Mons. E. Galbiati in cui la presente opera veniva definita a grandi lettere: « Una bussola per la Bibbia ». Si parlava inoltre di « impresa nuovissima », « imponente», non un'opera divulgativa ma « di seria consultazione », « un lavorìo enorme » durato più di un decennio, « qualcosa di più di Una semplice enciclopedia », « un vero commento della Bibbia », « un completo manuale », ecc. Il destinatario dell'opera dovrebbe essere « persona erudita-persona di cultura » anche se « sprovvista della cultura speciale per la Bibbia». Alla fine si viene a sapere che non si tratta d'altro che di una traduzione, aggiornata ed ampliata, di due opere fuse insieme, ossia del-ì'Enciclopaedia di L. Grollenberg e del Dictionnaire di W. Corswant. Ciononostante l'Editore nella Presentazione (p. V) desidera vivamente « che il lettore sappia subito che questa opera, costata un lungo lavoro di anni ... è stata curata per essere uno strumento di studio e di lavoro », perché « sono pochi i libri di questo genere ... in tutta l'editoria mondiale ». L'Editore tuttavia precisa, smentendo l'affermazione dell'intervista di sopra, che è « il lettore medio, a cui quest'opera ... doveva èssere indirizzata »! Visto in quest'ottica il Dizionario renderà sicuramente servigi non indifferenti.
Rimangono tuttavia molte perplessità. E' ingiustificato parlare di «un'opera nel suo insieme nuova» come fa mons. Galbiati nell'Introduzione (p. VII). A occhio e croce, le voci senza due, tre o quattro asterischi (= testi nuovi o rielaborati da F. Salvestrini, E. Riva, E. Galbiati, S. Terribile oppure dalla redazione dell'Editrice) non superano il cinque per cento del testo. Non si vede inoltre perché delle voci prese tali e quali dai due volumi, alcune sono senza, altre con un asterisco; la « spiegazione » data a p. XI non spiega nulla. Sorprende la scelta di indicare i riferimenti
biblici in modo, almeno per l'area italiana, del tutto disusato (per es. Pr. 4:2,4). Spesso si nota una forte sproporzione nel presentare alcune voci; per es. la voce « Scienza biblica » (senza ulteriore rimando) viene trattata solo due mezze righe in più della voce « Scopa » (cf. p. 686-7). Rimane dubbio l'aggiornamento del volume se lo si giudica in base per es. alla voce « Edizioni della Bibbia » dove (a parte numerosi errori di stampa) « la più moderna edizione » del testo ebraico AT è ancora Bibita Hebraica e per di più nella sua 7. ed. del 1951 (nessun accenno alla Stuttgartensia). Si parla del Nestle « unicamente in greco » del 1979 in 25. ed. mentre in quell'anno si ebbe la 26. ed. del tutto rifatta col testo uguale al GNT3 del 1975, che — guarda caso — viene dal Greek ribattezzato in Great nel nostro Dizionario (p. 249) e in più rimane alla 2. ed. del 1969. Sorprende inoltre il modo massimalista (superficialità non c'entra perché qui si tratta di precisa scelta fondamentalista dei redattori) in cui si presentano voci importanti come « Interpretazione (biblica) », sbrigata con tre citazioni della Dei Verbum (p. 415), «Ermeneutica», «Esegesi», «Ispirazione», « Inerranza biblica » per non parlare di « Scienza biblica » (cf. sopra) ecc. La « persona di cultura » o « il lettore medio » qualsivoglia, a digiuno nel campo biblico, si farà un'immagine molto discutibile dell'attuale approccio scientifico della Parola di Dio.
Il Dizionario tuttavia offre buone informazioni dei realia e in questo senso può essere definito una specie di Reallexikon (anche se alcune voci importanti, come « Ebla », mancano); si fosse limitato ai realia, il Dizionario lascerebbe un'impressione molto più positiva. Mons. Galbiati nota giustamente nella succitata intervista che « l'archeologia non appartiene a confessioni religiose ». Quando però, come in questo caso, viene rinchiusa nella cornice di voci biblico-teologiche di altrettanto sapore archeologico, la credibilità di ambedue è compromessa. Tutto sommato, una « bussola » — tanto per rimanere nell'ambiguità dei curatori dell'opera — da (sconsigliare.
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