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Recensione: GIUSEPPE TANZELLA-NITTI, Filosofia e Rivelazione. Attese della ragione, sor-prese dell'annuncio cristiano

 
 
 
Foto Kopiec Maksym Adam , Recensione: GIUSEPPE TANZELLA-NITTI, Filosofia e Rivelazione. Attese della ragione, sor-prese dell'annuncio cristiano, in Antonianum, 83/3 (2008) p. 532-536 .

Il recente contributo di G. Tanzella-Nitti si inserisce nell'attuale dibat­tito sul dialogo tra la teologia e le scienze, e nel contempo riprende l'annosa questione circa il rapporto tra fede e ragione; un rapporto che ha subito in epoca moderna una profonda rottura, provocata da una serie di fattori stret­tamente connessi tra loro. Ne ricordiamo i più importanti. Ad esempio, la rivendicazione dell'autonomia del pensiero razionale di fronte al dominio dei presupposti della fede e la conseguente emancipazione della filosofia; lo sviluppo moderno delle scienze naturali; l'elaborazione di un nuovo profilo della scienza e di nuovi principi di un adeguato sapere umano, che ha con­dotto a negare alla fede la capacità di condurre l'uomo ad una conoscenza certa ed autentica. Così la teologia si trova oggi a fare i conti con la neces­sità, urgente e indilazionabile, di ricucire la relazione tra fede e ragione, di presentarsi come un sapere basato sulla fede e in grado di rispondere alle istanze della ragione umana, e di aprirsi al dialogo con le altre scienze. Il suo compito sarà quindi quello di giustificare la sua pretesa di verità e di renderla comunicabile e universale. L'interesse verso tale problematica è stato solle­citato ultimamente anche dal magistero. Basta pensare alla Lettera enciclica di Giovanni Paolo II Fides et ratio del 1998 e all'insegnamento di Benedetto XVI, in specie alla sua lezione tenuta nel 2006 a Regensburg.

In tale contesto, la proposta di Tanzella-Nitti appare tanto più apprez­zabile se si tiene conto del fatto che egli aveva iniziato la propria attività scientifica nel campo delle discipline empiriche, soprattutto in quello del­l'astronomia. Infatti, comprendendo dal di dentro la specificità di questo tipo di conoscenza umana, dei suoi principi, regole, metodi e finalità, egli mostra, in continuità con le sue precedenti pubblicazioni {Questions in Scien­ce and Religious Beliefdel 1992, Passione per la verità e responsabilità del sapere del 1998, Teologia e scienza. Le ragioni di un dialogo del 2003, Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede del 2002), la non contraddizione tra le scienze empiriche e la questione metafisica nel loro intento di cercare la ve­rità. Anzi, l'onestà del suo impegno scientifico mostra quanto sia necessario che, anche da parte delle scienze empiriche, venga riconosciuta la legittimità della ricerca della verità relativa agli interrogativi che appartengono alla na­tura più profonda dell'uomo, innanzitutto a quelli che riguardano le cause ultime dell'essere e il senso ultimo della vita umana. In questi interrogativi, che esprimono la sua natura, l'uomo da una parte sperimenta un'apertura verso l'infinito, dall'altra prende coscienza che la propria umanità costituisce altresì l'orizzonte di ogni discorso sul vero, sull'Assoluto e su Dio (15). Se­condo l'impostazione dell'autore, la questione metafisica — da cui derivano gli itinerari cosmologico e antropologico - costituisce un ponte per il dialogo tra fede e scienze; un dialogo che sarebbe diffìcilmente pensabile qualora si prescindesse dalla mediazione filosofica in quanto ricerca della verità e del senso dell'essere.

Il libro, composto da cinque capitoli, si apre con la presentazione dei vari modelli secondo i quali si è cercato di mettere in relazione la questione cosmologica e antropologica con il problema di Dio. La prima questione (21-28) ha conosciuto nell'arco dei secoli tre grandi articolazioni: ateismo (l'universo senza Dio), agnosticismo (la rinuncia alla ricerca della risposta) e l'affermazione di Dio (l'assunzione del fondamento trascendente dell'uni­verso). Anche la seconda questione (28-41) ha trovato tre grandi risposte che si possono formulare nel modo seguente: «l'uomo infinito dell'idealismo», «l'uomo finito dell'esistenzialismo pessimista e del nichilismo», e «l'uomo finito, ma capace di infinito e aperto all'Assoluto». Come risultante di questi due percorsi emergono le tre diverse visioni (41-44) secondo cui configurare il legame tra problema del cosmo e problema dell'uomo: «l'uomo è solo e al di là del mondo non c'è nessuno», «al di là del mondo c'è qualcosa o qual­cuno, ma l'uomo è ancora solo perché questo qualcosa o qualcuno non ha nulla da dirgli», e «l'uomo non è solo: al di là del mondo e di fronte all'uomo c'è un essere personale che ha qualcosa da dirgli». L'autore evidenzia anche che tale ricerca umana si realizza secondo due linee, filosofica e religiosa, che restano inseparabili (45-51). Il primo capitolo termina con la ripresa delle questioni che si impongono con la domanda su Dio: l'assolutezza di Dio, l'indicibilità del suo mistero, il carattere personale del suo essere (52-66).

Il secondo capitolo espone almeno quattro forme della critica della ra­gione al problema di Dio come problema sensato. La prima obiezione nega il significato e la validità del discorso su Dio a motivo dell'affermarsi di una cultura tecnico-scientifica (68-90). La seconda riguarda la rimozione del sen­so della vita umana nel nichilismo e nel contesto culturale post-moderno, che rinuncia alla speranza che va oltre la morte (91-100). La terza obiezione mette a tema la negazione di Dio da parte dell'umanesimo ateo, il quale attribuisce alla vita umana la libertà e la responsabilità, e quindi anche un senso, che però prescinde da una relazione costitutiva con Dio (100-109). L'ultima, infine, asserisce la delegittimazione del problema di Dio ridotto all'orizzonte antropologico come proiezione della coscienza o dell'inconscio (109-119). In ogni sezione l'autore dimostra che ciascuna delle quattro for­me di critica volte a negare la sensatezza del discorso su Dio palesa un'insuf­ficienza congenita, oltre alla scarsa capacità di giustificare in modo convin­cente la propria posizione.

Nel capitolo successivo (121-173), Tanzella-Nitti presenta l'immagine di Dio rivelata nella Sacra Scrittura, esplicitandone gli attributi: signoria, paternità, amore, origine e pienezza della vita, forza creativa, insuperabile trascendenza e santità. Inoltre, l'autore presenta la categoria della rivelazione come fondamentale per il discorso sul rapporto tra fede e ragione. E infatti questa categoria a rispondere all'istanza conoscitiva della ragione e, allo stes­so tempo, a offrire una risposta che supera ogni attesa e aspirazione dell'uo­mo con i contenuti indeducibili che superano sia le invenzioni del conscio, sia le proiezioni dell'inconscio umano.

Nel quarto capitolo (175-197) viene prospettato un approfondimento teologico dei dati biblici. Il teologo dell'Università della Santa Croce intende raccordare tra loro le aporie presenti nel discorso filosofico-razionale su Dio, aporie che restano irrisolte senza la luce della rivelazione. In altri termini, solo «la rivelazione ebraico-cristiana è in grado di fornire una soluzione coe­rente a domande per le quali la ragione, da sola, non saprebbe trovare una risposta soddisfacente» (16). Soltanto in questa ottica è possibile spiegare sia in che modo la rivelazione di Dio come Fonte dell'essere coesiste con la sua rivelazione come Essere personale, sia in che modo la rivelazione di Dio come Essere trascendente coesiste con la sua rivelazione come Essere immanente, sia, infine, in che modo la rivelazione di Dio quale Essere sussistente coesiste con la sua rivelazione come Amore.

Nell'ultimo capitolo (198-228), l'autore tenta di istituire un raccordo fra il problema di Dio posto dalla filosofia ed il mistero di Dio consegnato dalla rivelazione. La sua indagine tende a mostrare come l'apertura dell'uomo a Dio e la sua ricerca razionale orientata a conoscere il mistero divino costitui­scono non tanto una via parallela a quella della rivelazione, quanto piuttosto un presupposto e una condizione indispensabile che rendono l'uomo capace di ricevere la rivelazione cristiana. Quest'ultima, anche se richiede un'aper­tura innata e propria della natura umana per essere accolta, è dono gratuito, cioè grazia. Logicamente, la rivelazione con cui Dio manifesta se stesso agli uomini richiede, oltre alle condizioni antropologiche, anche un'ermeneutica specifica che aiuti l'uomo ad accogliere la sovrabbondanza del messaggio divino. Infatti, la Parola è infinitamente superiore alla previsione e alla logica di colui al quale essa è indirizzata. In tal modo, nell'evento della rivelazione si incontrano, da parte di Dio, il dono dello Spirito e, da parte dell'uomo, la volontà dell'ascolto e la libertà della risposta (201-202). Inoltre, la sensatezza di questa Parola garantisce che la presa di posizione dell'uomo di fronte ad essa sia libera e responsabile.

Già nel titolo si coglie bene l'importanza del contributo di G. Tanzella-Nitti, soprattutto nel campo della teologia fondamentale: all'interno di tale disciplina, si percepisce ancor di più il valore di questo volume. Dal punto di vista della sua finalità, la teologia fondamentale è chiamata a confrontarsi con le obiezioni, le critiche e le contestazioni della cultura illuministica, mo­derna e postmoderna nei confronti della Chiesa e della fede; in modo par­ticolare, essa si confronta con le scienze. Dal punto di vista del suo oggetto, la teologia fondamentale studia la rivelazione ma, a differenza di ogni altra disciplina teologica, non solo per approfondirne ed esplicitarne i contenuti, ma anche per chiarirne le condizioni antropologiche e stabilire i presupposti filosofici che aprono l'uomo ad una possibile rivelazione e gli permettono di accedere al mistero soprannaturale. Va comunque precisato che le questioni come quella di Dio, della possibilità della rivelazione e delle condizioni che rendono quest'ultima un messaggio comprensibile e comunicabile, non si presentano come una problematica meramente teorica, separata dall'esisten­za umana. Al contrario, si tratta di domande vitali per la comprensione del senso ultimo dell'esistenza umana.

Con questo saggio l'autore dimostra che il compito della teologia fon­damentale è quello di riprendere tale questione e di inserirla all'interno di un dialogo, rigoroso e vivace, con la ricerca scientifica, con le sue provocazioni ma anche con le sue inedite possibilità di apertura all'annuncio cristiano. Si può concludere che, secondo l'autore, nell'approfondimento di tale proble­matica si trovano e si troveranno ulteriori motivi che giustificano e alimen­tano la reciprocità tra fede e ragione. Questo rapporto, un tempo compro­messo e messo in discussione, ora invece intravede nuove modalità per essere recuperato, valorizzato ed approfondito.


 



 
 
 
 
 
 
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